Richieste di prestiti in calo, banche non danno credito alle aziende

A causa della crisi le aziende richiedono meno prestiti, anche perché le probabilità di avere il denaro sono poche.

Richieste di prestiti in calo, banche non danno credito alle aziende

Per le aziende, grandi o meno che siano, non è un periodo felice dal punto di vista economico. Per questo richiedere un prestito può essere a volte l'unica via di uscita per avere quel denaro necessario a pagare dei fornitori o a portare a termine una ristrutturazione.

Per i piccoli o grandi investitori ci sono le offerte di Agos oppure quelle targate Compass, insomma per tutti i gusti e le richieste possiamo avere una gamma di proposte dedicate. Il problema è però avere i soldi, infatti secondo le ultime stime questo è davvero difficile, soprattutto per le piccole imprese.

Secondo la Cgia di Mestre i prestiti erogati alle micro imprese nell'ultimo anno in Italia sono stati pari a 17 miliardi di euro, con un calo importante rispetto al 2012 (-10%, ndr). Se poi uniamo anche le tasse e la burocrazia che non facilitano la vita dei manager italiani, i conti sono purtroppo fatti. Per fare un esempio negli ultimi cinque anni la pressione fiscale in Italia è aumentata dell' 1,7% toccando l'anno scorso il record del 44,3% da versare nelle casse dello stato.

In sei anni inoltre sono state chiuse a causa della crisi 134 mila micro imprese, soprattutto artigiani e commercianti, tutti professionisti con partita IVA che giornalmente devono affrontare queste difficoltà. Tra i commercianti il numero di chiusure arriva quasi a 64 mila, 70 mila se si parla di artigiani.

"A differenza dei lavoratori dipendenti quando un autonomo cessa l'attività non dispone di alcuna misura di sostegno al reddito. Ad esclusione dei collaboratori a progetto che possono contare su un indennizzo una tantum, gli artigiani e i commercianti non usufruiscono dell'indennità di disoccupazione e di alcuna forma di cassa integrazione o di mobilità lunga o corta. Spesso si ritrovano solo con molti debiti da pagare e un futuro tutto da inventare". Ha commentato Giuseppe Bortolussi, segretario Cgia.

Le motivazioni dietro alla scelta o all'obbligo di chiudere per sempre, oltre alla crisi e quindi al calo dei consumi in generale, ci sono il costo delle forniture di energia, con l'elettricità che in 6 anni ha registrato un +21,3% dei prezzi, per non parlare della benzina con +23,3%.

Oltre ai costi che un'azienda non può non pagare, ci sono anche i pagamenti da parte dello Stato che tardano ad arrivare, si parla di 35 giorni di ritardo di media. Crisi e mancanza di credito stanno mettendo in ginocchio l'economia italiana, che però non perde la speranza con questo nuovo Governo di ricevere gli aiuti necessari.